Mi occupo di oncologia qui a Catania da quasi 10 anni.
Come per tutte le cose importanti della mia vita, mi sono avvicinata a quest’ambito assolutamente per caso. A volte, senza che ce ne rendiamo conto, la vita ci pone davanti a dei bivi che segneranno per sempre il nostro cammino.
Per me è andata proprio così.
Era la fine del 2006, ed io ero una giovane studentessa prossima alla laura specialistica. Avevo finito di seguire le lezioni all’università, per ultimare il mio percorso di studi. Mi mancavano soltanto l’esame di psicologia clinica da sostenere e la discussione della tesi, per cui decisi di lasciare la casa in cui avevo vissuto negli ultimi 5 anni a Palermo per studiare e trasferirmi nuovamente a Catania.
Avrei dovuto laurearmi a luglio del 2007 e l’idea di passare 6 mesi con le mani nelle mani non mi entusiasmava. Era da poco uscito il bando per fare il servizio civile e mi sembrò un ottimo modo per occupare il mio tempo e mettermi in gioco con qualcos’altro, dopo tanti anni passati soltanto a studiare. Visionai il bando e, nell’incoscienza più totale, scelsi gli enti a cui presentare la domanda con un criterio molto semplice: selezionai solo quelli in cui si lavorava fino al venerdì piuttosto che il sabato. Erano solo due lo ricordo benissimo, come so per certo che non avevo preso assolutamente informazioni sugli ambiti che trattavano.
Mi chiamarono per fare il colloquio solo in uno di questi due enti. Si trattava dell’A.N.D.A.F. Onlus. Lessi per la prima volta nella mia vita la parola “oncologia” poche ore prima di fare il colloquio. Capii realmente cosa fosse questa “oncologia” parecchi mesi dopo aver iniziato il mio servizio civile. Avevo 24 anni ed ero stata selezionata per lavorare in quest’ente.
Loro si occupavano di assistenza domiciliare ai malati oncologici in fase terminale, io non sapevo che iniziando a lavorare con la terminalità avrei iniziato la mia vita professionale, definendola per sempre.
Ho svolto il servizio civile da dicembre 2006 a dicembre 2007. E’ stato anno prezioso. Ho conosciuto persone e colleghe che hanno forgiato la mia formazione e la mia personalità. Sono entrate nella mia vita e non ne sono più uscite. Ho cominciato finalmente a capire e ad appassionarmi alla “Psiconcologia” e ne ho compreso la profonda importanza nella vita di chi è affetto da una patologia oncologica.
Per motivi burocratici la mia laurea è slittata a gennaio 2008, ero delusissima per questi ulteriori 6 mesi che consideravo “persi”. Invece questo tempo “sprecato” mi ha dato l’opportunità di conoscere un master dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma sulla Psiconcologia (che mi ha aperto porte inimmaginabili e per cui oggi ho l’onore di svolgere una docenza) che si avviava proprio a gennaio 2008 e che non avrei scoperto se mi fossi laureata prima.
La casualità con cui gli eventi si sono svolti ha scritto nel mio corpo la strada da seguire.
Mi sono formata in psiconcologia mentre facevo il tirocino post-laurea e contemporaneamente un master in counseling. Dopo aver superato l’esame di stato, mi sono abilitata al svolgere la professione nel maggio del 2009, e ho cominciato a collaborare come psicologa, con l’ente presso cui ho svolto il servizio civile, a dicembre del 2009. Doveva andare così.
La casualità, le coincidenze, le opportunità che mi si sono presentate, le persone che ho conosciuto. Tutte le strade mi hanno portata a questo percorso.
La psiconcologia è parte integrante della mia vita e della mia professionalità. L’essere psiconcologa è nato contestualmente al mio essere psicologa. Da molti anni lavoro in cure palliative.
I miei pazienti sono quelli che vengono mandati a casa a morire. Molte volte, incredibilmente, condividiamo insieme un tempo speciale: passo con loro e le loro famiglie le ultime settimane della loro vita. Stare faccia a faccia con la propria e altrui morte fa crescere tanto. In questi anni ho imparato a non sottovalutare la capacità di crescita degli esseri umani. Alcuni cambiamenti sono stati fenomenali. Con ogni paziente, abbiamo sperimentato insieme una varietà di emozioni: il rifiuto, la paura, la rabbia, il rimorso, la negazione e, infine, l’accettazione.
Ogni paziente ha trovato la sua pace prima di andarsene, con ogni paziente sono cresciuta e ho trovato anch’io un pezzo di pace.
Dott.ssa Maria Cristina Gresta